L. Lorenzetti u.a. (Hg.): Montagne e territori ibridi tra urbanità e ruralità

Cover
Titel
Montagne e territori ibridi tra urbanità e ruralità.


Autor(en)
Lorenzetti, Luigi; Leggero, Roberto
Erschienen
Mendrisio 2022: Academic Electronic Press
Anzahl Seiten
256 S.
von
Claudio Ferrata

Stiamo oggi assistendo alla manifestazione di un rinnovato interesse per la montagna alpina e per i territori a forte carattere rurale. Non sempre però le categorie tradizionali che usiamo per descrivere queste realtà sono in grado di restituirci un’immagine adeguata di queste nuove dinamiche. Fortunatamente, una significativa produzione scientifica cerca di leggerle e interpretarle, e il recente volume curato da Luigi Lorenzetti e Roberto Leggero, Montagne e territori ibridi tra urbanità e ruralità, ne è un esempio. Si tratta della raccolta dei contributi presentati nel corso di tre giornate di studio indette a Mendrisio dal Laboratorio di storia delle Alpi (LabisAlp) nel mese di ottobre del 2021. Con esse i promotori desideravano indagare i rapporti tra montagna e pianura, facendo capo alle categorie di «città» e «campagna», «urbano» e «rurale», «urbanità» e «ruralità», interrogandosi sulla loro pertinenza e sul loro valore euristico ma anche cercando di evidenziare la presenza di una particolare condizione «ibrida». Le analisi contenute nel volume (che provengono da orizzonti disciplinari diversi) riguardano condizioni contemporanee ma vengono pure analizzate situazioni del passato. Anche le aree di studio prese in considerazione sono diversificate: se alcuni autori fanno riferimento al mondo alpino in generale, alla Svizzera o alla montagna italiana, altri si concentrano su realtà specifiche come i comuni ticinesi, il Trentino-Alto Adige-Südtirol, le Alpi piemontesi, la montagna appenninica centro-meridionale.

Nelle riflessioni si ritrova l’idea di città alpina, un tema che, da qualche decennio, suscita un elevato interesse. A questo proposito la Convenzione delle Alpi fa riferimento a un contesto geografico nel quale si possono contare 240 centri urbani, il 40% situati sul bordo esterno della catena. Nell’area troviamo sette grandi città e numerosi centri di taglia più contenuta. Con le loro funzioni, le città alpine hanno sempre avuto ragione di esistere. La modernità ne ha poi in parte minato le basi economiche e sociali, trasferendone le funzioni nelle città poste agli sbocchi delle valli per poi concentrarle nelle metropoli. Ora la montagna alpina rivendica il suo diritto ad essere anch’essa «città», anche se in modo diverso: le città alpine sono veri e propri presidi territoriali in cui si ibrida «urbanità» e «alpinità» e, per il ruolo che svolgono a livello locale e per la loro connessione con le reti globali, devono essere considerate come local-global players (Corrado, p. 185).

Un evento così importante come una pandemia non può non aver generato un impatto sulle relazioni tra pianura e montagna. Il momento legato a Covid-19, oltre ad aver prodotto nuove dinamiche, ha permesso di portare nuovi sguardi sul territorio e sulla società. Come molti degli autori hanno fatto osservare, abbiamo assistito all’accelerazione dei processi, oltretutto sostenuti dall’impiego delle nuove tecnologie di comunicazione. Accompagnati da una buona dose di retorica sul ritorno alla campagna, i luoghi a bassa densità sono diventati attrattivi (Zanon, p. 193). Come è spesso successo nella storia, I discorsi ostili al mondo urbano (sovraffollamento, mancanza di spazi aperti, l’idea di città malsana, vulnerabile e luogo privilegiato per la diffusione dei virus) emergono con maggiore forza nei periodi di crisi economica e politica e, in Svizzera, la categoria di ville-mal aimée ha acquisito una nuova forza (Salomon-Cavin, p. 119).

Ora nella montagna alpina vivono nuovi residenti temporanei, multilocali e neomontanari che hanno fatto la scelta delle Alpi. Le seconde case sono diventate abitazioni semi-residenziali e sono stati edificati nuovi resort-town. Ma nella regione alpina si incontrano contemporaneamente aree in crisi, luoghi che stanno perdendo le loro funzioni economiche, dove le dismissioni industriali hanno generato brownfields, testimonianze di una più o meno recente prosperità (Migliorati, p. 222). Se, da un lato, osserviamo una utilizzazione intensiva di alcune aree più favorevoli (in molti casi legata allo sviluppo turistico), d’altro canto assistiamo al declino delle forme di utilizzazione tradizionali e al relativo abbandono di vaste aree. Le politiche regionali hanno le loro responsabilità. Con la svolta neo-liberista degli anni ’90 dello scorso secolo è stato abbandonato l’ideale dello sviluppo egualitario che incitava le regioni di montagna a farsi imprenditrici, a cercare la loro nicchia di mercato specializzato (come cibo di qualità, gastronomia vista come esperienza, offerta di wellness) e diventare competitive (Perlik, p. 68). A causa delle condizioni di partenza sfavorevoli e per l’efficienza dei moderni sistemi di trasporto che permettono la penetrazione dei prodotti del piano, l’agricoltura di montagna si trova comunque in una posizione di debolezza. Assistiamo a una progressiva diminuzione della produzione destinata al consumo locale e, nel contempo, allo sviluppo di aree specializzate in produzioni agroalimentari destinate al mercato esterno e ai turisti. Conseguentemente all’attribuzione di valori simbolici al cibo dagli abitanti delle metropoli extralpine, sono stati introdotti appositi marchi che attestano l’origine geografica dei prodotti attraverso i quali il rapporto tra produzione e territorio viene codificato e promosso (Pettenati, p. 237).

In questi ultimi anni alcuni paradigmi, in particolare quello della centralità urbana contrapposta alla marginalità rurale, sono stati fortemente messi in discussione (Zanon, p. 195). È ancora utile una lettura fondata sulla coppia urbano-rurale in cui la prima domina la seconda, e dove il territorio rurale (come, d’altra parte, anche quello urbano) è protagonista di una profonda trasformazione? Il nuovo territorio «metromontano» è un territorio al plurale, che tiene insieme un’eterogeneità di aspetti e si riconfigura come un sistema all’interno del quale si possono instaurare scambi virtuosi. Ma, se una corrente maggioritaria tende a negarne la pertinenza, alcuni continuano a considerare la coppia urbano-rurale un efficace quadro di analisi per pensare i fenomeni socio-spaziali. Per convincersi della persistenza di questa logica basta guardare la geografia dei risultati di alcune votazioni avvenute nella Confederazione come l’iniziativa Weber del 2012 o la recente legge sulla caccia del 2020 (Salomon-Cavin, p. 117). In questi territori sono numerose le situazioni poco definite, indecise o intermedie che richiamano una sorta di «terzo stato del territorio» e che, a volte, vengono rappresentate attraverso i concetti di «periurbano» e di «rurbano». In conclusione, possiamo affermare che oggi è necessario dotarsi di nuove rappresentazioni. Per una convergenza di interessi e per l’esistenza di vantaggi reciproci nell’interscambio, occorre anche pensare ad un modello di territorio unitario gestito nell’interesse comune attraverso una forma di «interterritorialità», vale a dire l’idea che esista una dimensione della vita che si colloca entro livelli diversi con forme di alleanza «a geometria variabile» in funzione dei temi considerati (Corrado, p. 189). La pubblicazione non mette a disposizione risposte definitive ma l’idea che esista un «territorio ibrido» unisce molti degli articoli che compongono il libro. In ultima analisi, il volume propone una nuova lettura degli spazi e degli insediamenti della montagna contemporanea nelle sue relazioni con la pianura e pone le basi per l’allestimento di una nuova problematica.

Zitierweise:
Ferrata, Claudio: Rezension zu: Lorenzetti, Luigi; Leggero, Roberto (a cura di): Montagne e territori ibridi tra urbanità e ruralità, Mendrisio 2022. Zuerst erschienen in: Schweizerische Zeitschrift für Geschichte 73(2), 2023, S. 235-237. Online: <https://doi.org/10.24894/2296-6013.00127>.